Storia della Valle - AMICI DI LOZZO

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La Valle Veddasca
Storia e informazioni generali.
La Val Veddasca è una valle del luinese situata sul lato nord orientale del Lago Maggiore all'altezza di Maccagno.

Cenni storici e geografici
a cura di Salvatore Benvenga

Il nome Veddasca è di chiara influenza protoligure, risultato di una cultura non autoctona ma risalente ad influssi pireneo-alpini risalenti ad epoche imprecisate. Correnti migratorie risalirono infatti lungo il Ticino fino al Lago Maggiore e s'insediarono lungo il Verbano. Diversi toponimi (Val Verzasca, Val Anzasca, Val Veddasca) rendono evidente la presenza ligure in territori gallici in questi territori, ricchi di valichi e di acque, crocevia di genti diverse calate dal Nord o migrate dal Sud, e centri di scambio e di mercato sin da epoche remote. Certamente già nell'età del bronzo (intorno al 1500 a.C.) l'alto luinese era abitato, con un crescendo di insediamenti favoriti dalla presenza del Lago Maggiore, autentica autostrada per le comunicazioni e gli scambi tra le popolazioni di qua e di là delle Alpi. Incisioni rupestri presenti in Val Veddasca (Lozzo, Piero) per quanto difficilmente interpretabili e databili lasciano intuire la presenza di popolazioni degli alti pascoli oltre che rivierasche quantomeno già nell'età del ferro.
Il nome Veddasca risulta composto da "Veddo", originato da <<évéd>> abete, e <<asca>> che si riferisce a corso d'acqua, anche se taluni propendono per "dipendenza", "luogo che gravita intorno a..." .

Interessanti documenti storici relativi a controversie sull'uso degli alpeggi e risalenti al 1200 d.C. (ed uno in particolare del 1270) ci dicono che le frazioni di Graglio, Cadero, Monteviasco, Indemini, Biegno, Lozzo e Armio erano già abitate ed in grado di eleggere dei rappresentanti.

Essa s'insinua aspra e lussureggiante tra due catene di montagne che culminano con la vetta appuntita del Monte Tamaro (m.1967) ed è attraversata da un veloce e spumeggiante corso d'acqua meta di pescatori e gitanti: il Giona, che dopo un percorso di circa 15 km., affluisce nel lago Maggiore a Maccagno.
La propaggine più interna della valle giace in territorio elvetico, nel Canton Ticino. Il confine taglia infatti il versante esposto a sud-est tra Biegno (ultima frazione del comune di Veddasca) ed Indemini (primo agglomerato ticinese) scendendo dal cippo 10 posto sul Paglione (m.1553) fino al fondo valle e risalendo, sul versante esposto a nord-ovest, tra Sciaga e Monteviasco, ultimo avamposto abitato della valle su questo versante.
Il confine segue di fatto un andamento molto articolato. Le cime nord-orientali Lema (m.1601) e Gradiccioli (m.1935), nonché il Tamaro(m.1961) ed il Gambarogno (m.1695) sono tutte in territorio elvetico.  La Cadrigna (m.1300), il Monte Sirti (m.1344) ed il Covreto (m.1593) sono sul lato occidentale ed incorniciano il versante italiano. E' pertanto un territorio che interessa due stati, sebbene sotto il profilo etnico, linguistico e di costume possa considerarsi una casa comune.

Nel 1928, con la soppressione dei comuni di Lozzo, Armio, Biegno e Cadero con Graglio, Il Comune di Veddasca fu istituito in forma autonoma.
Il precitato decreto del 1928 sottrasse Piero a Lozzo e lo riunì con Monteviasco al comune di Curiglia.
Può essere di qualche interesse statistico leggere i dati ISTAT  della popolazione residente nell'ex Comune di Veddasca per osservare il progressivo calo della stessa.
Censimento del 1951 : abitanti 1.180 ;
Censimento del 1961: abitanti 938 = (- 20,51%)
Censimento del 1971: abitanti 628 = (-33,05%)
Censimento del 1982: abitanti 419 = ( -33,28%)
Censimento del 1991:  abitanti 397 = ( - 5,,25%)
Censimento del 2001: abitanti 349  = (- 12,09%)
Censimento del 2011: abitanti 250 = ( - 28,37%)

Come si vede in sessanta anni la popolazione della valle è diminuita del 78,81%, in conformità al trend di realtà montane analoghe della nostra penisola. L'emigrazione per motivi di lavoro ha determinato nella massima parte questo decremento, il restante può essere imputato all'invecchiamento anagrafico senza il ricambio di nuove generazioni.

Salendo lungo sulla S.P. 5 che da Maccagno sale verso Indemini, superato Garabiolo, si trovano nell'ordine: Cadero, Graglio, Armio (la frazione più grande e popolata ed ex capoluogo del precedente comune di Veddasca), Lozzo e Biegno.
Poco prima di Garabiolo un bivio conduce a Campagnano, quindi al Lago d'Elio e prosegue fino al passo della Forcora, dove, scollinando, la strada si ricongiunge, come un ideale anello, con quella che sale da Armio diramandosi dalle S.P.5 all'altezza del cosiddetto " Villaggio milanese".

Per una interessante rilettura storica (ed in particolare sulle "Universitas Vallis Vedasche") rimandiamo all'egregio lavoro di Yvonne Dellea "Graglio in Val Veddasca" ed a quello di Pierangelo Frigerio "Storia di Luino e delle sue Valli" ed anche a: <L‘Universitas Vallis Vedasche‘ e la pertica del "municipium" di Milano,> in Scritti storici e giuridici in memoria di Alessandro Visconti. Milano: Istituto editoriale cisalpino, 1955, pp. 273-286 di Carlo Guido Mor.

Fresca (temperatura media 8°) e verdeggiante, ben soleggiata e decisamente asciutta (la piovosità è inferiore a quella di Luino), la Veddasca si propone come uno dei maggiori (se non il più ampio) polmone verde dell'intera provincia di Varese. La presenza di una flora e di una fauna assolutamente eccezionali, grazie ad un habitat particolarmente favorevole, ne fanno un paradiso naturalistico di grande rilevanza. Tagliata fuori dalle grandi vie di comunicazione, ma per fortuna servita dall'importante arteria che collega il paese di Indemini (Svizzera) a fondovalle italiano, penalizzata dall'impervietà di molte sue coste (che la preservano dallo sfruttamento turistico di tipo "mordi e fuggi"), la Veddasca offre - a chi ne sa apprezzare le virtù - una tranquillità ed una serenità di soggiorno che nulla hanno da invidiare a più rinomate località turistiche.
La strada carrozzabile che, costeggiando il lago, oggi congiunge Luino al valico di Zenna giunse a Maccagno solo nel 1906 e Zenna nel 1914. A quel tempo solo una mulattiera portava all'alta valle. I lavori iniziarono nel 1919 e quattro anni più tardi la carrozzabile raggiunse Graglio. Nel 1928 fu completato il tratto Graglio Armio e solo nel 1937 i militari compirono l'opera raggiungendo Lozzo e Biegno.

Il territorio dell'ex comune di Veddasca, nel complesso delle sue frazioni, conta al presente circa 250 anime. Non esistono  attività economiche di rilievo, se si esclude una filatura a Garabiolo ( frazione che prima della fusione del 2014 era sotto il comune di Maccagno) e  quel poco che resta dell'antica vita agricola e pastorale, è condotta da alcune piccole imprese a carattere familiare che integrano il reddito con  l'agriturismo, lavorazione casearia, nella quale va annoverata la celebre "Formaggella di capra DOP del luinese".
L'oro nero della Valle è di colore verde. A chi s'inerpica lungo i tortuosi tornanti della SP5 - che è il punctum dolens dell'accesso all'alta valle - la natura offre un impressionante ritratto di sé con i crinali aspri e selvaggi fitti di boschi. Esiste, a nostro parere, la possibilità di uno rilancio turistico che oggi è di gran lunga al di sotto delle sue potenzialità. Basterebbe pensare alle centinaia di villeggianti che hanno acquistato e riadattato vecchie baite per adibirle a casa di vacanza. La Forcora - tanto d'inverno con le piste da sci, quanto d'estate per le possibilità di escursioni e picnic all'aperto - è certamente il luogo più noto, insieme al bacino artificiale del Lago d'Elio, per i vacanzieri della domenica. Ma ben più numerose e articolate sono le possibili passeggiate turistiche che la Valle è in grado di offrire.

Sarebbe possibile attraverso il recupero ed il mantenimento dei sentieri e la loro valorizzazione turistica avviare un rilancio della economia della valle. Basti pensare che solo dall'abitato di Lozzo, per citare solo un esempio, è possibile raggiungere Monterecchio, passando dal ridente villaggio di baite delle Fontane, e da qui proseguire per la Forcora, ovvero salire sul Sasso Corbaro (m.1548) e raggiungere S.Anna in territorio Svizzero. Oppure, sempre da Lozzo, scendere a Piero, quindi andare verso i Mulini o risalire a Monteviasco. Anche da Biegno è possibile scendere a Piero oppure, attraverso i Cangili, andare a S.Anna o tornare indietro verso Monterecchio.
E' purtroppo quasi scomparso il vecchio sentiero che da Lozzo portava ai suoi Mulini (ultima testimonianza il bel volume fotografico di Maurizio Miozzi "Acqua Passata non macina più"), ma è possibile invece raggiungere le splendide baite del Ronco immerse in una atmosfera da Indiana Jones.
Una fitta rete di sentieri si congiungono lungo i crinali delle montagne conducendo attraverso boschi di una bellezza suggestiva dove è tutt'altro che raro imbattersi in una famiglia di daini o in una volpe. Anche l'avifauna è ricchissima di specie: dai rapaci (falchi e falchetti) agli splendidi codirossi o alle ghiandaie.
Castagni, faggi, noci, noccioli, frassini, abeti, betulle e poi ciliegi selvatici, rododendri e ginestre, e una enorme quantità di piante e cespugli rigogliosi colorano in ogni stagione i crinali delle montagne della Val Veddasca.
Splendide le testimonianze abitative dei paesini, come Graglio o Biegno, pressoché intatti, con i vicoli stretti e tortuosi serpeggianti tra vecchie baite in sasso che da sole valgono la fatica di un arrancare ansimante verso la splendida chiesa adagiata su un poggio panoramico di stupefacente bellezza.

Il sasso è certamente l'elemento caratteristico, con la beola, di un rispettoso insediamento umano in un contesto incredibilmente verde. Attraverso i secoli, la paziente e faticosissima opera di uomini e donne ( a costoro spettava il gravoso compito del trasporto con le gerle), ha edificato splendidi esempi di semplicità e funzionalità abitative atte a resistere alle intemperie ed al corrodere del tempo. La Chiesetta della Penedregra di Graglio o il campanile di Biegno, sono splendidi esempi di vera arte povera che meritano una attenta rivisitazione anche da parte del turista più distratto. Così come un interessante itinerario potrebbe essere quello che, lungo le numerosissime cappellette sgranate sui sentieri, conduce ai luoghi di una fede antica, fatta di ritorno dai pascoli o dai campi al calar del sole, in un contesto di luci e silenzi che non possono non far tornare alla mente i versi del celebre "Sabato del villaggio" di leopardiana memoria.
Ad un osservatore attento però non sfuggirà che, al di là del facile romanticismo a cui l'aria limpida e la quiete dei luoghi induce, tutto parla della fatica immane a cui per secoli gli abitanti della valle (di tutte le valli) sono stati chiamati, sin da bambini, a sostenere per poter vivere in luoghi dove già il solo portarsi di poggio in poggio, di campo in campo, sviluppa gambe e fiato.
Un tempo, a piedi con le merci sulla spalla, uomini e donne risalivano sin da Maccagno fino all'alta valle ed anche i più piccoli erano chiamati a dare il loro contributo a questa carovana.
Per fortuna questi tempi sono lontani, ma il visitatore attento non potrà non apprezzare le testimonianze di una fatica atavica e generosa che, per generazioni, ha conservato una valle bellissima in modo puro perché anche le generazioni future, da dovunque provenienti, possano amarla come un tempo da essi fu amata.

INTEGRAZIONE
DATE e DOCUMENTI STORICI DI RIFERIMENTO

  • 5 luglio 1184 (Pergamena Arch. storico Svizzera Italiana)
  • 21 ottobre 1190 (Garabiolo,arbitrato di compascolo su Alpe Montoia, Archivio Diocesano di Lugano)
  • 1205 (Pergamena: quietanza rilasciata da Rusca di Soma,capomastro, e Giordano di Sauxa)
  • 1207 (Pergamena: quietanza relativa al campanile di Cannobbio)
  • 1209 (Pergamena: quietanza sempre relativa al campanile di Cannobbio)
  • 20 luglio 1221 (Alpe di Plasio, atto di accesso al pascolo, frimato dal notaio Ospino di Como)
  • 1 aprile 1235 (Pergamena n.68 Canonica di Cannobbio che elenca tutti i comuni della Veddasca rappresentati, tra cui Locio = Lozzo)
  • 29/30 agosto 1270 (Alpe di Plasio, definizione dei confini)
  • 1416, i Visconti diedero, per riconoscenza dell'aiuto ricevuto nell'annessione di Como al Ducato di Milano, il Feudo della Valtravaglia, che comprendeva anche la Squadra della Val Veddasca (in cui figuravano Biegno, Lozzo, Armio, Graglio, Cadero, Garabiolo, Campagnano e Musignano) ai Rusca che lo tennero fino al 1583.
Estintisi i Rusca, gli Spagnoli - nel frattempo dominanti - conferirono il feudo alla famiglia patrizia Marliani di Milano che lo conservò fino al 16 dicembre 1773, data dell'atto con cui il feudo di "Luino e Quattro Valli" fu venduto ai Conti Crivelli di Luino al prezzo di trentasettemila zecchini.
I Crivelli lo tennero per poco tempo, giacché i francesi, che nel frattempo avevano soppiantato gli spagnoli, con il decreto di Napoleone del 1797 soppressero tutti i feudi.
update 2020
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